Descrizione:
Il Comune di Cerete è situato nella Val Borlezza, sulla cima del Lasù. Tre frazioni suddividono il Comune: Cerete Alto, Cerete Basso, Novezio. Interessante è scoprire che il territorio comunale fu caratterizzato dalle glaciazioni provenienti dalla Val Camonica.
Da vedere le chiese, gli antichi mulini, e le opere di grandi artisti.
l primo accenno a Cerete bergamasco, secondo gli storici, risalirebbe al 941, anno in cui vi fu redatto un atto di permuta di terreno tra il vescovo Recone e il sacerdote Petrone. Il documento, tratto dal manoscritto originale in pergamena e riportato in parte nel “Codex diplomaticus civitatis et ecclesiae Bergomatis”, antepone, secondo l’interpretazione del Lupo, alla sottoscrizione dei notai e dei testimoni questa precisazione: actum loco qui dicitur Cerido. Successivamente, nel “Codex diplomaticus Langobardiae”, lo stesso atto viene così corretto: actum civitate que dicitur Cerudo. Nella Corografia Bergomense il Mazzi, d’accordo col Lupo, commenta in proposito: “grossolanamente nei Monumenta fu stampato: actum civitate que dicitur Cerudo. Che non sia altro che il Cerete di Valle Seriana, lo indica apertissimamente, secondo me, il fatto che i fondi permutati erano posti in Clusone, che i periti erano in Clusone, e di questa terra pure tutti i testimonii, sicchè si scorge che l’atto di permuta fu stipulato in occasione che colà ebbe a portarsi il nostro vescovo Reccane.” Tra i documenti che riguardano Cerete e il suo monastero, quattro sono molto importanti: due risalgono all’anno 883, uno all’anno 895 e il quarto è del 901. Nel primo si testimonia la donazione al vescovo di Bergamo, da parte di Carlo III detto “il Grosso” del monasteriolum in honore S.Michaelis Archangeli, constructum in locum qui dicitur Cerretum e delle proprietà ad esso connesse. Motivi della generosa offerta: uno certamente politico, inteso a rafforzare con l’amicizia verso il vescovo Garibaldo la posizione di Carlo il Grosso a Bergamo; l’altro devozionale, come atto di ringraziamento a S.Alessandro, patrono della città, per aver risanato il re da grave infermità. Il vescovo però sarebbe entrato in possesso del monastero solo alla morte di Autprando che, da fedele vassallo dell’imperatore, lo poteva godere mentre era in vita, versando annualmente al vescovo centum libras olei e provvedendo alla ristrutturazione dell’ambiente in modo da consentire la ripresa della vita monastica, con dodici religiosi fedeli alla Regola di Benedetto. Il secondo diploma, ancora di Carlo il Grosso, riconferma il dono. Nel terzo, re Arnolfo riconosce e sancisce privilegi già concessi e goduti. L’ultimo infine e dell’ imperatore Ludovico che alcuni anni dopo, e precisamente nel 901, nonostante l’ invasione e la persecuzione degli Ungari abbiano causato la perdita degli atti riguardanti l’avvenuta donazione del piccolo monastero e del terreno circostante, accetta, in linea con i suoi predecessori, Adelberto vescovo come legittimo proprietario a tutti gli effetti. In ogni atto, eccettuato il primo, il monasteriolum Sancti Mchaelis viene presentato come situm Ceretho (o Cerreto) iusta fluvium Ollium. Questa ripetuta precisazione, che aveva per certo lo scopo di chiarire la posizione della località ceduta dai regnanti dell’epoca al vescovo di Bergamo, portò invece gli storici a scartare completamente il nostro paese ritenuto della Valle Seriana: non trovandone un altro con lo stesso nome, nelle vicinanze del fiume citato, lo sostituirono con “Monasterolo” (abolito Cerreti nomine) del comune di Robecco d’Oglio, ora in territorio cremonese. Ma Cerete bergamasco, messo da parte (negli atti presentato di volta in volta come Ceredo, Cerredo, Cerudo, Cerido, Ceritum, Cerretum, Cereto, Cerreto, Zerete, Cerete), geograficamente appartiene proprio al bacino idrico-montano dell’Oglio, non del Serio, e il ghiacciaio che ha risalito piu volte la Val Borlezza di cui fa parte, coprendola per molti secoli, è stato esclusivamente quello della Val Camonica. Lo stesso corso idrico del Borlezza, scendendo verso sud, sfocia nel lago Sebino, di cui immissario ed emissario e proprio l’Oglio: dal bacino lacustre infatti, ad acque unite, continuano poi insieme il loro viaggio verso il Po. Nel passato per definire le varie località, quando più vie idriche esistevano nella zona, il riferimento andava a quella ritenuta di maggior importanza e quindi di maggior richiamo: l’Oglio, indubbiamente, nel nostro caso. Sotto l’aspetto amministrativo invece, Cerete e sempre dipeso dalla provincia di Bergamo, cui la valle più prossima è la Seriana (Alta Valle Seriana). Una situazione analoga in tempi lontani è stata riscontrata anche in altri paesi, da noi non troppo distanti. Ricordo in proposito il documento dell’anno 1026, riguardante la cessione fatta dal vescovo Ambrogio ai monaci di S.Martino di Tours di alcuni beni situati nel territorio di Torino e di Pavia, in cambio di loro possedimenti nelle Valli di Scalve, Seriana e Camonica. Per la Valle di Scalve si precisa: Valle que dicitur Sariana que pertinere videtur de valle que dicitur Canonica iuditiaria Bergomense in locas et fundas que dicitur VicoMaiore, Vico Minore, Molinacione, Valle Tevene. Anche la nostra zona, come la Valle di Scalve e la Valcamonica, scaricava e scarica le sue acque nel lago d’Iseo. Cerete, pure politicamente aggregato all’alta Valle Seriana, mantenne a lungo con la Val Camonica e la zona dei laghi intensi e molto aperti rapporti: basta aprire i registri della contabilità, leggere alcune pagine dei Libri della Vicinia, osservare la provenienza delle nuove famiglie, dei testimoni degli atti notarili, dei ”magisteri” interessati alla realizzazione di opere di rilievo, dei rettori delle nostre parrocchie, per accertarsene. Le stesse famiglie originarie potevano godere della duplice cittadinanza di Bergamo e di Brescia (ad esempio i nobili Marinoni). Cerete, per la sua singolare posizione centrica, già nei tempi antichi fu collegato con le valli vicine attraverso un tracciato viario che, a guisa di perno, lo rendeva passaggio obbligato per il traffico commerciale, favorendone la notorietà e lo sviluppo. Fu certamente questo uno dei principali motivi che determinò la scelta di Cerete a rappresentare nell’antica Valle Larna il cambio di potere, dopo la generosa prodigalità di Carlo III a favore della chiesa Bergamasca, oltre naturalmente a quelli, pur validissimi, di un clima dolce, di una posizione stupenda e della possibilità di controlli a largo raggio.