Descrizione:
Il territorio comunale di Ranica è interamente situato sulla destra orografica della val Seriana, ad un’altezza compresa tra i 260 del fondovalle ed i 726 m s.l.m. del Colle di Ranica, principale rilievo del comune nonché propaggine del colle Maresana. Territorialmente è delimitato a Nord dal comune di Ponteranica mediante la linea che include la parte sommitale del colle di Ranica e la parte più a monte della piccola Val Rossa, posta tra i monti Zuccone e Solino, frontalmente al borgo di Olera. E’ invece il corso del fiume Serio che lo divide a Sud dal comune di Gorle ed a Sud-Est da quelli di Villa di Serio e Scanzorosciate, mentre ad Ovest confina con Torre Boldone, con cui nel tratto più a valle condivide il corso del torrente Gardellone. Infine è diviso ad Est e Nord-Est da Nese, frazione di Alzano Lombardo, mediante la parte finale del torrente Nesa, fino allo sbocco di quest’ultimo nel Serio. Il nucleo abitativo risulta essere ormai fuso con soluzione di continuità con i limitrofi paesi posti lungo l’asta del Serio, in quella che viene ormai definita come una città allungata che si protrae da Bergamo fino ad Albino. In ogni caso numerose sono le contrade e le località che, storicamente e geograficamente, compongono Ranica: si va dalle collinari "Botta", "Bergamina", "Ripa" e "Valledonata", a "Chignola Alta" e "Chignola Bassa", poste sul confine con Torre Boldone, a "Borgosale" attigua al corso del Nesa, oltre alle centrali "Chiesa" e "Castello". Separate dal corso della vecchia strada provinciale della valle Seriana, si trovano "Viandasso" e "La Patta", situate nella piana alluvionale del fiume Serio vicino al confine con Gorle e Torre Boldone. Per ciò che concerne la viabilità, oltre rete stradale ordinaria ed alla suddetta vecchia provinciale, vi sono la S.P.35, arteria di scorrimento della valle, e la tranvia Bergamo-Albino, una linea metro tranviaria che collega il paese con la città di Bergamo. Inaugurata nel 2009, ha permesso di decongestionare le strade della zona. I più antichi reperti rinvenuti sul territorio riconducono all’età preistorica: tra questi si segnalano resti legati allo sfruttamento ed alla lavorazione della selce, che dovrebbero risalire ad un periodo compreso tra il neolitico e l’antica età del bronzo, con una notevole intensificazione dello sfruttamento nell’età del rame (circa 3.000 a.C.). Tuttavia è probabile che queste zone furono frequentate già dal Paleolitico, considerati i ritrovamenti effettuati nei paesi vicini. Si trattava in ogni caso di insediamenti sporadici, tanto che il livello di antropizzazione rimase molto basso per parecchi secoli: i primi stanziamenti fissi di una certa consistenza risalirebbero invece al VI secolo a.C., quando in quest’area si stabilirono gli Orobi, popolazione di origine ligure dedita alla pastorizia, a cui si aggiunsero ed integrarono, a partire dal V secolo a.C., le popolazioni di ceppo celtico, tra cui i Galli Cenomani. A tal riguardo interessante è la scoperta, effettuata nel 1897 nei pressi del guado del fiume Serio presso Viandasso, di una tomba risalente al II secolo a.C., nella quale erano conservati anche alcuni suppellettili. Tuttavia la prima vera e propria opera di urbanizzazione fu opera dei Romani, che conquistarono la zona e la sottoposero a centuriazione, ovvero ad una suddivisione dei terreni a più proprietari, a partire dal I secolo d.C.. Questa prevedeva un vicus Larianum nel territorio compreso tra i torrenti Nesa e Gardellone (corso d'acqua che aveva un tracciato differente dall’attuale) e delimitato dalla linea compresa tra Marzanica (nell’attuale comune di Torre Boldone) e Blandatium (l’attuale Viandasso). Questa opera assegnò appezzamenti più o meno vasti a coloni e veterani di guerra, di origine o acquisizione romana, i quali bonificarono i terreni al fine di poterli sfruttare per coltivazioni agricole ed allevamento di bestiame. Di tale epoca numerosi sono le testimonianze ed i reperti, rinvenuti presso le località Ripa, Castello e Viandasso: a tal riguardo emblematica è la situazione venutasi a creare verso la metà del XIX secolo, quando nei numerosi scavi edilizi ed agricoli era solito trovare cose antiche, tanto che i muratori e gli agricoltori del tempo avevano trovato nel canonico Bernardino Gritti Morlacchi un referente a cui consegnare il materiale. Tra queste, notevole importanza ricoprono le cosiddette lucerne di Ranica, considerate uniche nel loro genere, ma anche un balsamario, un poppatoio ed utensili da cucina, collocabili tra il I ed il II secolo d.C. e custoditi presso il Museo Civico Archeologico di Bergamo. Numerosi gli interventi strutturali effettuati dai colonizzatori romani: in primis la costruzione della strada della val Seriana denominata via Rubra, poi l’insediamento di un presidio militare, presso Viandasso (ai tempi Blandatium), utilizzato come controllo sulla via stessa e sul guado sul fiume Serio, ed infine la tracciatura di un canale artificiale utilizzabile per fini agricoli, ampliato nei secoli seguenti e tutt’ora conosciuto con il nome di Roggia Serio Grande. Il periodo successivo alla dominazione romana vide la zona soggetta alle invasioni barbariche, con la popolazione costretta a rifugiarsi in postazioni più elevate su colli e propaggini circostanti, in quanto considerate più sicure dalle scorrerie, con conseguente abbandono dei centri abitati. Nel corso del VI secolo si verificò l’arrivo dei Longobardi, popolazione che si radicò notevolmente sul territorio, influenzando a lungo gli usi degli abitanti: si consideri infatti che il diritto longobardo rimase “de facto” attivo nelle consuetudini della popolazione fino al XV secolo, così come può essere tutt’ora riscontrabile in alcuni cognomi (Gherardi e Roggeri su tutti) e toponimi come il Gromo del Gastaldo. Quest'ultimo, posto sul confine con Torre Boldone, starebbe ad indicare un luogo in cui venne sepolto un alto funzionario longobardo, in quanto gromo, indica un’altura, mentre il gastaldo era un’autorità che assumeva l'esercizio della sovranità giurisdizionale ed amministrativa. Nell’VIII secolo ai longobardi subentrarono i Franchi che, al contrario dei predecessori, rimasero estranei alla vita sociale e politica dei territori assoggettati, nei quali instaurarono un sistema feudale, inserito nell’ambito del Sacro Romano Impero. A tal riguardo nel 974 l’imperatore Ottone II investì Ambrogio I, Vescovo di Bergamo, del titolo di Signore delle terre della valle Seriana, sulle quali aveva giurisdizione in ambito civile, penale ed ecclesiastico. Anche i primi documenti in cui viene citato il nome del paese risalgono al X secolo: il primo, un contratto per la concessione temporanea di terre dal Vescovo a due abitanti di Bergamo, è datato 881 (indicato come primo anno di regno di Carlo il Grosso in Italia) e cita tale Andrea di Larianica. Di poco posteriori sono due atti che, stilati nell’898 (Berengario è da undici anni re d’Italia), vedono protagonista tale Roteperto de Larianica, estimatore incaricato dal Vescovo a valutare gli effetti di una permuta, citato poi anche in un altro documento del 905. Di notevole importanza storica è inoltre la causa giudiziaria intentata nel 919 dal Vescovo nei confronti di due abitanti di Larianica, Odelcarda e Arioaldo, di chiara origine longobarda. Questi vennero infatti accusati di appropriazione e di utilizzo indebito di una vigna, e poi condannati in seguito ad un processo che, raccontato dettagliatamente, permette di comprendere molti aspetti della vita di allora. Di poco antecedente (anno 910) è invece il testo in cui viene menzionato per la prima volta il toponimo di Blandagio, l’attuale Viandasso, citato anche come vico nel 985. Erano anni in cui le varie popolazioni avevano dato vita ad un complesso processo di integrazione, con i Franchi che si affiancarono ai Longobardi, a loro volta precedentemente integratisi su popolazioni di derivazione gallica e latina. Segni della presenza carolingia sono riscontrabili in alcuni capitelli rinvenuti presso Viandasso, ma anche in altri documenti in cui si citano alcuni residenti che vivevano nel borgo secondo la legge salica, codice adottato appunto dai Franchi. Anche l’origine del toponimo Borgosale è da ricondurre a questo periodo, come si evince dalla derivazione Burgo Salii, indicante presenze un nucleo con presenze saliche. Il periodo compreso tra il X e l’XI secolo vide il territorio al centro di un’opera di bonifica, con gran parte dei campi utilizzati per la coltivazione di alberi da frutto. È inoltre documentata la presenza di una seriola (anno 1080), probabilmente l’attuale Roggia Morlana, di una turritiola (1068) e delle comunalia, ovvero un insieme di regole volte a disciplinare la vita economica degli abitanti in una sorta di primordiale organizzazione comunale. A questo si deve aggiungere l'esistenza di un castello nel centro dell’abitato, dotato di fossato, una torre, di murature consistenti e di ampio ambiente con volta a botte, appartenente alla popolazione ed utilizzato come riparo in caso di attacco.Tutto ciò indica come il borgo si stesse sviluppando: la popolazione sentì quindi la necessità di dotarsi anche di un proprio edificio di culto, costruendo una cappelletta dedicata ai “santi Sette fratelli martiri”, subordinata alla Cattedrale di san Vincenzo in Bergamo. Questa, il cui nome compare per la prima volta nel 1260, venne in seguito ampliata, fino a diventare l’attuale chiesa parrocchiale. Restando in ambito religioso, è da ricordare la presenza nel paese di un riformatore che, noto con il nome di prete Daniele, aderì al movimento della Pataria facendo proseliti tra gli abitanti e distinguendosi in ambito provinciale per le predicazioni. A tal riguardo pare che la zona in cui egli abitava, prese il nome dal movimento stesso venendo identificata come La Patta. Ben presto però l’autorità vescovile cominciò a rivelarsi opprimente per i borghi che richiedevano una sempre maggiore autonomia: tra il XII ed il XIII secolo Laranica riuscì ad emanciparsi, redigendo quindi una serie di statuti ed ordinamenti ed ergendosi a comune autonomo posto sotto il controllo della città di Bergamo, che la inserì nella circoscrizione denominata “Facta della porta di San Lorenzo”. Questa nuova condizione permise al comune di gestire in autonomia lo sfruttamento dei boschi e dei pascoli, di poter definire confini amministrativi e viabilità e di organizzare liberamente il culto. A questo si aggiunse anche l’utilizzo delle acque sia del fiume Serio che delle rogge presenti sul territorio: tra queste la roggia Serio Grande e la roggia Morlana, che nascevano più a monte e servivano i bisogni delle campagne limitrofe alla città di Bergamo, ma anche le rogge Guidana (fatta realizzare da Guido di Grumello) e Vescovada, tracciata da un consorzio guidato dal Vescovo di Bergamo. Il comune, come riportato dagli Statuti della città di Bergamo redatti nel 1265, era retto da un proprio console, eletto dai capifamiglia e scelto tra le personalità più importanti del paese ed adottò lo statuto della Valle Seriana.